Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani (Antonio Gramsci)

sabato 4 febbraio 2012

brevi biografie di cretini illustri. 1 Martone Michel

Il nome, evocante mamme grasse di Scampia rincitrullite dalle fiction, può trarre in inganno e indurre a credere in un rigurgito del gusto pop dell'era berlusconi, ma non è così, il piccolo Michel nacque a Nizza e con questa sua prima non comune impresa giustificò perma-nentemente l'esotismo del proprio nome e tutelò in anticipo il buon gusto del governo Monti.
Benché il babbo fosse massone, il piccolo Michel, con il fratellino Thomas, studiò dai buoni padri marianisti dell'istituto romano di S. Maria. Poscia si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'ateneo romano, dove il suo povero babbo (membro del CSM, presidente dell'ANM, Assistente presso la cattedra di Diritto del lavoro della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” di Roma dal 1964; Docente di Diritto processuale del lavoro presso la Scuola di perfezionamento in Diritto Sindacale e del Lavoro della detta Università dall’anno accademico 1972-1973 all’anno accademico 1986-87. Docente di Diritto del Lavoro presso la L.U.I.S.S. di Roma dall’anno accademico 1975-1976 all’anno accademico 1987-1988; Professore associato per il gruppo di discipline “Diritto del Lavoro”. Condirettore della rivista “II Diritto del Lavoro” dal 1981 al 2006.) non conosceva certamente nessuno.
Ciononostante si laureò tempestivamente, pur avendo optato per una disciplina a lui poco famigliare: il diritto del lavoro.
Nel 2003 il giovane Michel partecipa a un concorso per diventare professore universitario. Occorrono delle pubblicazioni e Michel ne ha solo una (oltretutto in collaborazione). Si porta dietro anche la minuta di un'altra, è una pubblicazione non pubblicata, ma vale lo stesso.
Dei sei partecipanti al concorso, quattro si ritirano e uno vince, Michel arriva ultimo. I posti in concorso sono però due, e il nostro diventa ordinario a Teramo. Ottenuta valorosamente  l'idoneità, può tornare a Roma e prendere il posto di papà.
Nel frattempo, la fama di questo self-made man si è già sparsa e il meritocratista Brunetta lo vuole consulente, per 40.000 euro annui, al suo ministero. Siamo ormai in tempi di crisi, ma l'oggetto della consulenza di Martone, problemi giuridici della digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche di Paesi terzi, è evidentemente di assoluto rilievo e improcrastinabile urgenza. Del resto, a valutare il corretto e trasparente operato della pubblica amministrazione di Brunetta, c'è un apposita e indipendente commissione, il CIVIT, presieduta da  Antonio Martone.
Ma nella vita non ci sono solo rose e fiori, e anche a Michel non mancano i dispiaceri.
Nel 2010, infatti, il buon papà Antonio, reduce da una cena con l'amico Raoul Verdini, in cui, come al solito, si è parlato di calcio, di belle donne e del lodo Alfano, incappa in una molesta intercettazione telefonica che lo induce alle dimissioni.
Rimasto praticamente orfano, il piccolo Michel deve pensare al suo incerto avvenire e, con i modesti mezzi a sua disposizione (due cattedre universitarie, una alla scuola superiore di pubblica amministrazione, uno studio legale) si ingegna a fabbricarsi un solido futuro.
Comincia allora un penoso peregrinare e, cappello in mano, bussa a tutte le porte, alla ricerca di uno straccio d'occupazione.
Vorrebbe fare l'astronauta o anche il ministro.
Si reca dai vecchi amici di famiglia, Brunetta e Sacconi, si iscrive al partito di Montezemolo, manda un curriculum a Catricalà. Noi sospettiamo che abbia fatto visita anche a Veltroni, che in genere è suscettibile al fascino di certi personaggi. 
In questo tipo di concorso nessuno si ritira mai, ma le cose vanno a finire lo stesso come in quello precedente.
 Infatti nell'estenuante trattativa con i partiti, tutti i candidati, fatti oggetto di veti incrociati, ad uno ad uno cadono e alla fine non rimane più nessuno. E nessuno è proprio lui, Michel Martone.
Michel, ancora una volta, vince arrivando ultimo.
Adesso è viceministro, anche se, per prudenza, non gli danno niente da fare. 
Capita, però, che nessun membro del governo sia disponibile per un invito a una trasmissione televisiva. E in questi casi, ormai si sa, tocca a lui.
E la sua prima uscita pubblica da viceministro, e vuol fare bella figura. Pensa a una frase lapidaria che lo faccia entrare nella storia, ma quelle che gli vengono in mente, le hanno già dette o Mussolini, o Churchill.
Ostinato e volitivo, si sforza di trovare qualcosa di assolutamente originale e magari un po' sbarazzino, che rafforzi la sua immagine di teen ager governativo.
E finalmente, eureka!, la trova.
Chi non si laurea entro i 28 anni è uno sfigato - pontifica l'imberbe statista, e passa alla storia.










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