Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani (Antonio Gramsci)

mercoledì 28 dicembre 2011

i migliori se ne vanno

28 dicembre. È morto Cita, l’inseparabile scimpanzé dei film di Tarzan degli anni ’40, stroncato, all’età di 80 anni da un’insufficienza renale. 
Da qualche anno l’animale mostrava evidenti segni di irreversibile decadenza.

Biografia di Mario Monti

Mario Monti femminista con  il
grembiulino per lavare i piatti




Figlio di un direttore di banca e nipote di Raffaele Mattioli, amministratore delegato della Banca Commerciale Italiana, non decide di scappare da casa per lavorare in un circo.
Malgrado l’influente parentela, Mario comincia dalla gavetta e dal 1988 al 1990 si adatta al ruolo subalterno di vicepresidente della Banca Commerciale.
Nominato commissario europeo nel 1994, nel 1999 deve dimettersi, insieme a tutti i suoi colleghi per non aver notato il fiorente mercato di frodi, cattiva gestione e nepotismo che fiorisce all’ombra della commissione. È dunque l’uomo giusto per tenere sotto controllo la fantasiosa esegesi italiana del diritto pubblico.
Nato, per così dire, in banca, ne sente ogni tanto la nostalgia e così, tra il 2005 e il 2011, in tempi non sospetti, è stato membro del Research Advisory Council del Goldman Sachs Global Market Institute, istituzione bancaria nota per gli ingegnosi suggerimenti prestati al governo greco, in tema di bilancio, e per essere l’azionista di riferimento di tutte le società di rating che danno lusinghieri giudizi sui nostri titoli di stato.
Non è iscritto all’Arci, ma frequenta circoli, come il Brugel, di cui è stato primo presidente (2005 – 2008). Organismo genuinamente democratico, questo club è finanziato al 50% dai poveri di mezza Europa, tramite le rispettive fiscalità nazionali, e per l’altra metà da 17 società multinazionali, tra le quali la nostra Unicredit e l’immancabile Goldman Sachs.
Se le conclusioni del think tank sembrano talvolta favorire quest’ultima componente del sodalizio, è per l’evidente ragione che i ricchi sono più intelligenti dei poveri.
Socievole e amante delle compagnie ben assortite, frequenta anche, da presidente, la Trilaterale. Fondata dal benefattore David Rockfeller, questa filantropica associazione è bersaglio di calunniose insinuazioni che la vogliono a capo di un complotto internazionale per l’instaurazione un nuovo ordine mondiale.
Fino al novembre 2011 è stato membro del comitato direttivo del gruppo Bilderberg, un’ organizzazione umanitaria che ha tra i suoi scopi, quello della semplificazione della vita degli africani.
Il nobile intento associativo viene perseguito per una duplice via:
-         ridurre, con dieta e assistenza sanitaria opportuna, la durata della vita stessa (più è breve, meno è complicata);
-         sollevare questi popoli ingenui dalle noiose incombenze della democrazia, istituto per loro insostenibile, assumendosi l’incombenza di eliminare più sbrigativamente eventuali statisti ritenuti, a loro insindacabile giudizio, inadeguati.
Come il curriculum dimostra, Mario Monti è il candidato ideale per guidare il paese fuori dalle acque tempestose. L’altro candidato all'altezza, Lele Mora, ha comunicato di avere, al momento, altri impegni.

martedì 27 dicembre 2011

Stalingrado

Volgograd ci ripensa e sceglie di tornare Stalingrado, recuperando il nome che l'ha consegnata alla storia per la battaglia decisiva contro i nazisti. Lo ha deciso il consiglio comunale, con una quasi unanimità: hanno approvato 24 dei 25 consiglieri.


 

Pablo Neruda

Canto d'amore a Stalingrado

 

Nella notte il contadino dorme, ma la mano
sveglia, affonda nelle tenebre e chiede all’aurora:
alba, sole del mattino, luce del giorno che viene,
dimmi se ancora le mani più pure degli uomini
difendono la rocca dell’onore, dimmi aurora,
se l’acciaio sulla tua fronte rompe la sua forza,
se l’uomo rimane al suo posto, e il tuono al suo posto,
dimmi, chiede il contadino, se la terra non ode
come cade il sangue degli eroi
arrossati, nell’immensa notte terrestre,
dimmi se ancora sopra l’albero sta il cielo,
dimmi se ancora risuonano spari a Stalingrado.

E il marinaio in mezzo al mare tremendo
scruta le umide costellazioni,
e una ne cerca, la rossa stella della città ardente,
e scopre nel suo cuore quella stella che brucia,
e quella stella d’orgoglio le sue mani vogliono toccare,
quella stella di pianto creata dai suoi occhi.
Città, stella rossa, dicono il mare e l’uomo,
città, chiudi i tuoi raggi, chiudi le tue porte dure,
chiudi, città, il tuo famoso lauro insanguinato,
e che la notte tremi con lo splendere cupo
dei tuoi occhi dietro un pianeta di spade.

E lo spagnolo ricorda Madrid e dice: sorella,
resisti, capitale della gloria, resisti:
dal suolo si alza tutto il sangue sparso
dalla Spagna, e per la Spagna si solleva nuovamente,
e lo spagnolo chiede, già contro il muro
delle fucilazioni, se Stalingrado vive;
e c’è nel carcere una catena d’occhi neri
che bucano le pareti col tuo nome,
e la Spagna si scuote col tuo sangue e i tuoi morti,
perchè le offristi l’anima tua, Stalingrado,
quando partoriva la Spagna eroi come i tuoi.

Conosce la solitudine, la Spagna:
come oggi conosci la tua, Stalingrado.
La Spagna strappò la terra con le unghie
quando Parigi era bella più che mai.
La Spagna dissanguava il suo immenso albero di sangue
quando Londra, come Pedro Garfias ci racconta,
pettinava le sue aiuole, i suoi laghi di cigni.

Oggi di più conosci questo, forte vergine,
oggi, Russia, di più conosci la solitudine e il freddo.
Mentre migliaia di obici squarciano il tuo cuore,
mentre gli scorpioni con crimine e veleno,
accorrono, Stalingrado, a mordere le tue viscere,
New York balla, Londra medita, e io dico “merde",
perchè il mio cuore non resiste più
e i nostri cuori
non resistono più, non resistono
in un mondo che lascia morire soli i suoi eroi.
Li lasciate soli? Ora verranno per voi.
Li lasciate soli?

Volete che la vita
precipiti alla tomba, e il sorriso degli uomini
sia cancellato dalla latrina e dal calvario?
Perchè non rispondete?

Volete più morti sul fronte dell’Est
finchè riempiano tutto il vostro cielo?
Ma allora non vi resta che l’inferno.
Già si stanca di piccole prodezze
il mondo, dove al Madagascar i generali,
con eroismo, uccidono cinquantacinque scimmie.

Il mondo è stanco di congressi autunnali,
ancora con un ombrello a presidente.
Città, Stalingrado, non possiamo
giungere alle tue mura, siamo lontani.
Siamo i messicani, siamo gli araucani,
siamo i patagoni, siamo i guaranì,
siamo gli uruguaiani, siamo i cileni,
siamo milioni d’uomini.
E abbiamo altra gente, per fortuna, nella famiglia,
ma non siamo ancora venuti a difenderti, madre.
Città, città di fuoco, resisti finchè un giorno
arriveremo, indiani naufraghi, a toccare le tue muraglie
con un bacio di figli che speravano di tornare.

Stalingrado, non c’è un Secondo Fronte,
però non cadrai anche se il ferro e il fuoco
ti mordono giorno e notte.

Anche se muori non morirai!
Perchè gli uomini ora non hanno morte
e continuano a lottare anche quando sono caduti,
finchè la vittoria non sarà nelle tue mani,
anche se sono stanche, forate e morte,
altre mani rosse, quando le vostre cadono,
semineranno per il mondo le ossa dei tuoi eroi,
perchè il tuo seme colmi tutta la terra.

(traduzione di Salvatore Quasimodo)

domenica 18 dicembre 2011

firma!

firma l'appello per un audit sul debito
http://www.rivoltaildebito.org/node/43/done?sid=994

presi gli assassini

Thomas Sankara, presidente del Burkina Fasu, venne ucciso il 15 ottobre 1987 insieme a lui vennero assassinati: Noufou Sawadogo, Amadé Sawadogo, Abdoulaye Guem, Der Somda, Wallilaye Ouédraogo, Emmanuel Bationo, Paténema Soré, Frédéric Kiemdé, Bonaventure Compaoré, Paulin Bamouni, Christophe Saba, Sibiri Zagré.
Finalmente, grazie alla confessione di un pentito al periodico russo
[traduzione italiana:
è stata smascherata l'organizzazione criminale che ha commissionato il delitto.
Ci auguriamo il tempestivo arresto dei membri italiani di questo gruppo criminale.
per una lista dei gangsters nazionali:
http://errimatt.blogspot.com/2011/11/normal-0-14-esaurito-il-loro-compito-la.html

giovedì 15 dicembre 2011

il ritorno di san simonino

Il fuoco purificatore di Borghezio e di Goebbels ha ripreso ad ardere a Torino.
Un autentico pogrom contro un campo nomadi, ai margini del popoloso e popolare quartiere delle Vallette.
Ad innescarlo un’accusa di stupro rivelatasi poi infondata. Quasi subito, infatti,  l’improbabile Maria Goretti  ha confessato di essersi inventata tutto, per difendere la propria privacy dalle inquisizioni di un padre padrone, spalleggiato da un’intera famiglia di oculati e puntuali ispettori della sua integrità.
Poveri lei, e poveri zingari.
Nella genesi e nella attuazione di questo vergognoso episodio convergono una serie di elementi culturali che  lo promuovono a paradigmatico saggio della miseria culturale interclassista che ha ormai riportato il nostro paese ai livelli di analfabetismo del suo esordio unitario.
Nella tinozza sovraffollata, l’acqua è così putrida che val la pena, pur di liberarsene, di gettar via anche qualche bambino.
Il sangue, il sangue delle vergini e dei martiri innocenti, della circoncisione e di Cristo. Quel sangue  sembra essere stata la causa prima di tutto il pastiche.
Cominciò Mosè, spargendolo sul suo popolo – Esodo (24, 3-8) – a simboleggiare l’Alleanza, proseguì il Concilio di Trento (1551) definendo il dogma della transustanziazione. E per secoli, poi, a giocarci: ed ecco allora ebrei che sgozzavano fanciulli cristiani, per insaporirne, di quel sangue, gli azzimi e ancora, ostie rapite e vilipese che lacrimavan sangue a palesare il corpo di Cristo offeso. E migliaia di imbecilli, a giurare di aver visto, con i loro stessi occhi, di avere udito, con le proprie orecchie.
E quel sangue, tramutato in vino, era già stato, dopotutto,  il sangue di Dioniso, un dio straniero.
Ma ancora venne la svastica, a recare apoteosi del sangue: Blut und Boden, sangue e terra, un’endiadi che rivendicava la legittimità dell’azione di Caino, stanziale agricoltore che non aveva esitato a far fuori il pastore nomade Abele.
Ed eccolo adesso qua, traccia di un povero amore frettoloso, a scatenare tutto quel gran can can.
Il secondo elemento è la politica avvilita dell’oggi: esibizione di sé prostituita al mito della gente e coatta del presenzialismo della società dello spettacolo.
Esserci, farsi vedere, questa la parola d’ordine che si applica ad ogni assembramento meritevole della propria visibilità, dal funerale al linciaggio.
E la scusa di circostanza – ero lì per moderare … per evitare il peggio …  – l’abbiamo già sentita da chi vestì l’orbace più per proprio comodo che per convinzione. A questa pavida zona grigia va addebitata la maggior responsabilità della genesi e prosperità del fascismo e della sua permanente immanenza.
Infine lo sport, inteso nella sua degenerata metamorfosi in tifo, ovvero nel culto, non privo dell’esercizio di violenza, di una determinata combinazione di colori. Di nulla dovranno vergognarsi, questi poveri alienati, di fronte alla storia, poiché nessuna malattia è un’onta.
Ma dovrebbero essere chiamati a rispondere davanti ad un tribunale tutti quei giornalisti, gazzettieri e opinionisti, che hanno pubblicamente ammiccato al fenomeno, confessando simpatia e dispensando comprensione, magari nei toni del semiserio rimprovero che un colonnello – in intimo sollucchero – può riservare a reclute sorprese all’uscita di un bordello.
E no, mascalzoni, il vostro dovere era dire che chi, passata la pubertà, si diletta ancora di tali fesserie ha bisogno di un medico.
Nello squallido raid torinese, che segna un’altra tappa del percorso verso le tenebre di un nuovo medioevo, vediamo dunque agire i fantasmi di tre grandi istituzioni del pensiero occidentale: il santuario di Delfi, la polis  ateniese e Olimpia, ormai ben poco riconoscibili sotto lo spesso e grottesco trucco da vecchie baldracche che ora ostentano.
Era prevedibile, e Pasolini lo aveva previsto, che un progresso subalterno al piano del capitale avrebbe portato al degrado antropologico, attuato attraverso una volgarizzazione mutata in involgarimento e alla trasformazione in plebe di quello che era stato il popolo.
Questo processo non sarebbe stato attuabile senza il suicidio, per codardia, per infingardaggine e per avidità del Partito Comunista Italiano.
Alla dissoluzione dell’intellettuale collettivo ha corrisposto la perdita della bussola di quello individuale, soggiogato dalle sirene ingannevoli del radicalismo borghese.
Adesso la situazione è a tal punto degenerata, che è necessario intervenire rozzamente, e con l’accetta.
Sarebbe auspicabile una legislazione d’emergenza che sospendesse per almeno dieci anni il diritto di voto ai tifosi organizzati, alle mamme che vogliono i voti a scuola, agli spettatori di Chi l’ha visto? e a tutti gli altri citrulli che hanno volontariamente aderito a falangi conformiste orientate ad esecuzioni sommarie.
L’obbiettivo che si propone è annichilire quell’atteggiamento grossolanamente relativista che delega alla maggioranza l’onere di discernere il vero dal falso.
L’idea suggestiva di applicare le regole della democrazia all’epistemologia, e di sottoporre a referendum i teoremi di Euclide, trova un limite nella prosaica considerazione che l’opinione di miliardi e miliardi di mosche non ci ha ancora indotto, per ora, a mangiar merda.

domenica 11 dicembre 2011

sabato 10 dicembre 2011

riabilitazione di Peter Kolosimo

Accogliamo il suggerimento postato da Gianni Lucini e ripubblichiamo un articolo da W U M I N G W O O D http://www.wumingfoundation.com/italiano/wumingwood_prime5.pdf

UFO E RIVOLUZIONE
Negli anni 70 Kolosimo fece sognare le moltitudini. Ex partigiano, filosovietico, Kolosimo, come raccontano i Wu Ming, era un comunista duro e impuro, che tentò di mettere insieme Lenin e le civiltà extraterrestri.

Solo pochi parenti e aficionados hanno celebrato il venticinquennale della morte di Peter Kolosimo, “fantarcheologo” e paleo-ufologo che negli anni '70, coi suoi libri visionari, fece sognare le moltitudini. Morì il 24marzo 1984, a sessantadue anni, ma ci piace pensare che abbia solo lasciato il pianeta.
Kolosimo è una figura da riscoprire, su cui interrogarsi, che può ancora dire e dare molto. Terra senza tempo, Non è terrestre, Astronavi sulla preistoria, Odissea stellare, Italia mistero cosmico...
Titoli che non smettono di accendere fantasie. E quegli elenchi in copertina, a metà tra sottotitolo e “catenaccio” di giornale? “Ulisse vagabondo del tempo. Gli dei e lo spazio. Ciclopi in America? Mitologia d'altri mondi. Atomiche e robot nell'epopea omerica”. Oppure: “Veicoli spaziali graffiti nella roccia. Marziani in Vietnam, elefanti in America. Razze sconosciute nelle giungle amazzoniche. Atomiche e laser prima del diluvio. Gilgamesh vive ancora?”. Per non dire di “strilli” come: “La prima completa documentazione fotografica di archeologia spaziale – 300 illustrazioni”. Copertine geniali, che ti spingevano a prendere subito posizione: rigetto veemente o febbrile voglia di acquisto, non c'era via di mezzo. Quei libri, pubblicati da SugarCo, erano grande narrativa popolare travestita da saggistica, li vedevi in tutte le case, vendevano centinaia di migliaia di copie. Kolosimo è uno degli autori italiani più tradotti nel mondo, pubblicato in 60 paesi.
Attenzione, però, a non confondere Kolosimo coi vari Voyager odierni, coi pataccari che ce la smenazzano a colpi di piramidi magiche e Priorati di Sion, con le vagonate di ricostruzioni paranoidi e complottiste disponibili in rete. Kolosimo odiava Dan Brown ante litteram (anzi, ante nominem). E odiava anche Giacobbo. Preventivamente, senza averne mai sentito parlare. Lo avrebbe mandato in Siberia, lui e il suo chupacabra. Kolosimo era un marxista-leninista visionario, un comunista duro e impuro. Credeva nella rivoluzione, e pensava che le scoperte sulle origini extraterrestri delle civiltà umane avrebbero contribuito alla nostra consapevolezza.
Voleva collegare passato remoto e futuro utopico, e così liberare il mondo. Occultismi, esoterismi e altre fesserie erano per lui sottoprodotti reazionari, abbagli per piccolo-borghesi. Anche quando si occupò di alchimia (Polvere d'inferno, 1975), lo fece precisando che l'alchimia non è magia bensì scienza, per quanto scienza “altra”.
In Odissea stellare (1978), Kolosimo riporta le credenze di alcuni occultisti, secondo i quali il regime di Hitler cadde perché aveva attirato su di sé la sventura, orientando la svastica a destra anziché a sinistra come nelle antiche tradizioni orientali. Il commento è una staffilata: “Noi siamo assai lontani da tali concetti ed attribuiamo a ben altre ragioni la caduta dell'impero dei criminali tedeschi.” Poteva ben dirlo, lui che era stato partigiano.
Kolosimo era poliglotta e cittadino del mondo: madre statunitense, padre italiano, cresciuto germanofono a Bolzano, si laurea a Lipsia, fa la resistenza in Boemia ed è “uno dei primi partigiani che, fra Pilsen e Pisek, incontrò l'Armata Rossa” (dalla scheda biografica di Civiltà del
silenzio). Il suo sguardo si sposta verso est, per un po' dirige Radio Capodistria (ma dopo la rottura con l'URSS è licenziato perché filosovietico), è corrispondente estero per L'Unità, annuncia il lancio del primo Sputnik “un mese prima di quella memorabile impresa" e dà per primo la notizia del volo spaziale di Valentina Tereskova. Intanto scrive romanzi di fantascienza con lo pseudonimo di “Omega Jim”, poi, negli anni '60 passa armi e bagagli alla divulgazione scientifica, con quella torsione fantastica che lo renderà celebre.
I libri di Kolosimo sono pieni di pezze d'appoggio di scienziati russi, bulgari, tedesco-orientali: “Il professor Alexei Kasanzev”, “Kardasev scrive”, “Il biologo sovietico A. Oparin” “Il sovietico Nikolai Brunov scrisse già nel 1937”, “Viaceslav Saitsev, il noto filologo dell'Accademia delle Scienze bielorussa” e via così. Oggi possono suonare grottesche, muovere al riso o a ipotesi estreme. Kolosimo agente del blocco orientale, incaricato di diffondere in occidente strane teorie, per loschi fini di guerra psicologica? Mah. Forse la questione è più semplice: leggeva quelle lingue, aveva accesso a quel materiale, e ai suoi lettori la cosa piaceva. Durante la guerra fredda, vista da qui, la scienza sovietica aveva un che di bizzarro, una vibrazione di esotica eterodossia, anche agli occhi di chi si batteva per l'altro modello, quello capitalista-americano. La curiosità per l'est fu un fenomeno trasversale, come lo sono oggi l'ostalgia e il
modernariato del socialismo che fu.
A noi piace reputare Kolosimo un guerriero, uno che ha combattuto perché l'immaginario non si restringesse e, al contempo, la fantasia (anche quella più sbrigliata) tenesse le radici nella realtà, nel conflitto che senza pause muove la società. In fondo, nonostante il suo stalinismo, Kolosimo non era tanto distante da Radio Alice e dai giovani “mao-dadaisti” del '77.
Kolosimo colmò un buco, una lacuna, una gigantesca nicchia di immaginario e mercato editoriale. In quell'epoca iper-ideologizzata, gli intellettuali avevano decretato la “morte del romanzo”. Non per questo si era estinto il bisogno di romanzesco: in edicola, Urania, Segretissimo e Il Giallo Mondadori vendevano un numero di copie oggi impensabile. Tuttavia, erano pubblicazioni settoriali, rivolte a target di lettori specifici. C'era bisogno di un'operazione azzardata, che scavalcasse i recinti e andasse incontro ai bisogni di più lettori.
Kolosimo intercettò la voglia di viaggio e di mistero che pervadeva tutto l'occidente (gli UFO, il triangolo delle Bermude, Uri Geller che piegava i cucchiaini con la forza del pensiero) e la “dirottò” in una direzione inattesa. Camuffando da saggi divulgativi le sue narrazioni fantascientifiche, il vecchio Omega Jim creò un grande fenomeno di costume.
Nel 1969, Non è terrestre vinse il Premio Bancarella. Nel giro di pochi anni, lo avrebbero vinto Andreotti (1985), Sgarbi (1990), Pansa (1997) e persino Bruno Vespa (2004). Compagno Kolosimo, ci manchi tanto. Torna dal pianeta su cui ti trovi ora, e scatena contro l'Italia un uragano di raggi cosmici.